Salvata da un abbraccio

Nevada, Monastero

Raja resta accucciata a terra per molti minuti, fissando la sua immagine davanti al muro di mattonelle del bagno, come se quello, avesse potuto essere l'unico modo per riuscire a intravedere il riflesso della sua immagine, dato che, all'interno del monastero, non aveva mai trovato nessun tipo di specchio. Quando la donna lentamente si rialza, si avvicina ad un lavandino per sciacquarsi il viso e far scomparire le lacrime versate, come se volesse attuare un rituale con cui poter scacciare e lavar via, quel senso di agonia che, la sta assalendo, all'idea di aver preso una decisione che, non avrebbe mai pensato di dover anche solo lontanamente immaginare. A passo lento e scalzo, la donna lascia l'area dei bagni, per dirigersi nuovamente verso la sua stanza, rientrando al suo interno, trascinando i piedi con movimenti stanchi e deboli, e così tanto pesanti, da non avere nemmeno la forza di chiudere la porta, e che quindi resta socchiusa. Nel suo attuale stato, la donna inizia a credere che solo un altro tipo di scelta, avrebbe finalmente potuto darle la libertà: la morte.

Dopo lunghi istanti di riflessione, la donna va ad aprire la borsa con la quale é arrivata al monastero, e recupera il paio di forbici che aveva portato con sé, oggetto che le era servito perfino come arma di minaccia, per poter fuggire dal precedente posto in cui aveva vissuto per alcuni mesi, prima di arrivare alla decisione di rifugiarsi nel monastero. Mentre qualche mese prima, Raja aveva utilizzato quelle stesse forbici per fintamente minacciare, chiunque le avesse impedito di lasciare il luogo dal quale era poi riuscita a fuggire, ora invece la donna sembra volerle trasformare, in uno strumento di distorta "liberazione".  Dopo aver impugnato le forbici con entrambe le mani tremanti, Raja indirizza le due lame verso la sua cassa toracica. Sarebbe davvero riuscita a trovare il coraggio per attuare una simile azione, distortamente liberatoria? Mentre respira profondamente per prepararsi alla "coraggiosa" azione di dover porre fine alla sua prigionia, e alla sfilza di umiliazioni ricevute, le lacrime tornano a solcare uno zigomo della donna.

"Mai più accetterò di sottopormi a umilianti sottomissioni. Mai più."

Sono le decise parole che Raja pronuncia, come se con quelle parole, avesse decretato qualcosa di potentemente liberatorio, anche se attraverso un tipo di modalità non allineata con il suo gioioso e ardente cuore, vibrante sulla bellezza della vita e di tutti quei sogni a cui la donna sembra stia rinunciando definitivamente. La sua mente però in quel momento, le sta facendo credere di dover preferire la morte rispetto all'umiliazione. Possibile che una simile decisione, sia stata maturata per le esperienze vissute in quella vita? Eppure dentro se stessa, Raja percepisce la sensazione di aver dovuto affrontare simili fughe, violazioni, e limitazioni, da molto più tempo, perfino da ancora prima di essere nata. Da dove avrebbe potuto provenire, una simile e forse, antica sensazione? Avrebbe potuto dipendere da un inconscio ricordo, collegato a dinamiche vissute in qualche altra vita? Le lacrime solcano il viso della donna, ma proprio quando Raja sembra essere riuscita a trovare la forza per avvicinare la forbice al petto, una voce maschile interrompe quel critico e angoscioso momento. Ancora prima di rendersi conto, di chi possa essere arrivato appena in tempo in suo soccorso, la donna si sente strappare la forbice dalle mani, e il tagliente oggetto viene lanciato distante, cadendo bruscamente a terra. L'impatto delle forbici col suolo, provoca un fastidioso suono metallico che echeggia nelle orecchie di Raja. Le gambe tremanti, stanno quasi per cedere, ma qualcuno la prende tra le braccia come se avesse capito quale tormento Raja stia vivendo. La donna si sente sfinita, svuotata a tal punto da non avere nemmeno la forza di guardare in viso, chi possa averle salvato la vita. La donna si abbandona a quella calda presa che, l'avvolge in un protettivo abbraccio, facendola finalmente sentire al sicuro, dopo chissà quanto tempo. Raja inclina la testa all'indietro, con un movimento di totale abbandono e stanchezza, riuscendo a vedere colui che l'ha salvata, o che forse le sta prolungando l'agonia di quel tipo di vita. Per una parte di Raja infatti, quell'intervento sembra venir considerato come il fastidioso prolungamento di un'infelice vita. Qualcosa invece giunge per darle sollievo, e quel qualcosa le dona una sensazione di conforto, che ha il potere di farle innescare un ringraziamento dal profondo del suo cuore. Tale ringraziamento però, non tanto viene provato per essere stata strappata dal pericolo di quelle forbici, quanto per averle fatto sentire la bellezza di un abbraccio così protettivo, senza subdoli scopi di carattere fisico. Un solo abbraccio come quello appena ricevuto, regala infatti a Raja, una nostalgica e struggente sensazione, come se fosse andata alla ricerca di un gesto così tanto semplice e protettivo, da troppo tempo e che, in passato, solo una persona le aveva fatto provare, facendola sentire come la più importante regina di tutta la terra.

"Non farlo! Non farlo mai più! Ora ci sono io qui. E' tutto passato."

Le sussurra la maschile e decisa voce di Zuri, il giovane che diverse ore prima, Raja aveva trovato steso su una lapide del cimitero esterno al monastero. Gli occhi di Raja si fermano in profondità nello sguardo di Zuri, avviando una silenziosa comunicazione che esprime una moltitudine di emozioni. Le labbra della donna si socchiudono in uno stanco movimento, ma che al tempo stesso trasmette una naturale sensualità, nonostante avvenga in un sofferente momento. Gli occhi di Raja lentamente si chiudono, e il viso si inclina all'indietro, facendo scivolare a terra il copricapo agganciato alla sua tunica. Una cascata di lunghissimi e lisci neri capelli, si sciolgono verso il basso, andando a toccare perfino il pavimento per quanto siano lunghi. Le timide mani della donna, e allo stesso tempo ansiose, si afferrano alla maglia di Zuri, come se gli stessero implorando il bisogno di lui, come se in quel momento, quel giovane stesse rappresentando la sua àncora di salvezza.

"A...aiu...ta...mi."

Gli sussurra riuscendo a mormorare alcune sillabe. Le mani della donna, stringono freneticamente il tessuto della maglia di Zuri, come se si stessero aggrappando all'unica boa di salvataggio trovata in un mare di violenta tempesta, e che avrebbe potuto farla annegare nell'abisso più buio e profondo.

"Non voglio restare qui. Non voglio...non voglio..."

Raja ripete le ultime parole in un debole sussurro, come l'effetto di una cantilena che manifesta l'inquietudine della donna, alla sola idea di dover restare in quella struttura, ancora un solo secondo di più.

"Andiamo via di qui. Subito. Stai tranquilla piccola, ci penso io, ora a te."

Zuri solleva meglio la donna tra le braccia, quindi inizia a percorrere i corridoi del monastero per uscire all'esterno nella buia, desolata e periferica strada del Nevada, verso una qualsiasi direzione che avrebbe potuto portare entrambi, il più lontano possibile da quel tetro luogo di finta e ingannevole spiritualità, e a cui Raja aveva cercato di ribellarsi, con lo lo scopo di poter far notare ed osservare, tutte le più scomode incoerenze religiose, che avrebbero rischiato di continuare a far mantenere, le menti delle monache, ad un limitante stato di coscienza ancora troppo tristemente dormiente. 

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