Palazzo Reale persiano

Persia/Iran, palazzo reale

Mesi prima...

In una prosperosa zona, abbracciata da quella terra che, nell'antichità era conosciuta con il nome di Persia, e che nel tempo corrente viene invece chiamata Iran, si erge un esotico ed arabesco palazzo reale, edificato con pittoriche pareti verniciate di bianco, oro e azzurro, intervallate da eleganti arcate, minuziosamente decorate a mano. Nel cortile interno che precede l'ingresso principale del prestigioso palazzo, sono collocati rigogliosi e maestosi alberi esotici, alcuni dei quali circondano un paio di eleganti e signorili vasche d'acqua, nelle quali dolcemente ondeggiano, colorati e profumati petali di fiori. Prima di arrivare a tale fiabesca zona, si estende un'ampia area caratterizzata da un elegante pavimento, costruito con pregiate piastrelle in marmo bianco, infondo al quale si innalza un arabesco cancello azzurro, sul quale sono dipinte decorazioni bianche e dorate a forma di spirale che, sembrano dare l'idea di far innalzare l'intero palazzo verso il cielo. Dopo essere apparso, sfoggiando delle prestigiose e preziose vesti persiane, nella zona piastrellata, più vicina al cortile interno, Muyassàr Nadìr, il giovanile e magnetico sultano persiano, proprietario di quel fiabesco palazzo reale, avanza lentamente verso un gruppo di uomini, alcuni dei quali sono vestiti con degli sportivi e scuri abiti, e che lo stanno attendendo con posture ed espressioni fiere e soddisfatte, in prossimità di una lussuosa macchina nera parcheggiata all'interno del vasto cortile. Nel raggiungere quella zona, Muyassàr nota una giovane donna dai lunghi capelli neri, accasciata sul luccicante e marmoreo pavimento, dopo essere stata portata in quel luogo con la forza, e contro la sua volontà. All'uomo basta un solo sguardo rivolto verso la donna, per restarne perdutamente incantato, nonostante lei non abbia minimamente alzato il viso verso di lui, a causa di qualcosa che, deve averla fatta cadere a terra, lasciandola in uno stato emozionale di disagio e spavento. Muyassàr si china lentamente verso il suolo, indirizzando il dito della sua mano destra, per sollevare il mento della donna, con l'intento di poterla guardare negli occhi più profondamente, ma nel cercare di fare tale gesto, lei scosta subito il viso dal tocco della sua mano, come se volesse difendersi da qualcosa di terribilmente pericoloso. Il sultano intuisce immediatamente che, la sconosciuta deve trovarsi in un critico stato di angoscia, come se fosse reduce da qualcosa che deve averla molto scossa. Muyassàr cambia il suo sguardo, girandosi lentamente verso i due uomini che hanno scortato la donna a palazzo.

"Che cosa le é stato fatto?"

Chiede pacatamente, continuando a restare chinato davanti alla donna.

I due uomini interpellati dal sultano, tacciono. Le espressioni dei loro visi, ora non trasmettono più la stessa fierezza e soddisfazione, che era visibile sui loro visi fino a pochi istanti prima.

"Ho chiesto: che cosa le é stato fatto."

Richiede il sultano, quindi si gira lentamente col capo, verso uno degli uomini, il cui viso é coperto da una specie di passamontagna nero, che permette di fargli vedere solo il colore dei suoi occhi e delle sue labbra.

"Non voleva stare ferma per seguirci, e così..."

Inizia a rispondere l'uomo col passamontagna.

"E così, cosa?"

Muyassàr si rialza lentamente.

"Abbiamo dovuto zittirla in altro modo. Continuava a opporre resistenza per venire con noi, e così..."

"E così, COSA le avete fatto?"

Muyassàr interrompe pacatamente l'uomo che sta interrogando, ma marcando maggiormente una delle parole, lanciando uno sguardo talmente serio e trivellante, da far impallidire gli uomini che, conoscono molto bene, cosa significhi vedere quel tipo di espressione, delineata sul volto del sultano. I due uomini responsabili dell'arrivo della donna a palazzo, si scambiano un'occhiata che trasmette preoccupazione e un grosso disagio.

"Avete toccato questo fiore?"

"Beh, ecco..."

"Rispondi."

Muyassàr si avvicina all'uomo interpellato, vestito con abiti simili a quelli di un ninja, il cui viso é ancora coperto dal passamontagna. Lo sguardo di Muyassàr é talmente adirato, che sembra quasi stia lapidando l'uomo con quel solo sguardo. In quel momento, la donna alza il viso lentamente verso il sultano, non riuscendo a vederlo ancora negli occhi, essendo impegnato ad ammonire i due uomini responsabili che, l'hanno portata via  dal bosco in cui stava ballando, con vili e irrispettose azioni.

"Ci siamo lasciati prendere un po' troppo dalla rabbia, per la sua opposizione nel non voler venire con noi."

Rivela quindi l'uomo, decidendo di parlare per rispondere alla domanda del sultano. Muyassàr annuisce guardando i due con sguardo intimidatorio, e che sembra non ammettere giustificazione per un simile comportamento. A passo lento, Muyassàr si allontana voltandosi verso una guardia, facendogli un cenno col capo e lanciandogli uno sguardo eloquente, inducendo la guardia, a portare via i due responsabili dello stato della donna. Entrambi avrebbero inevitabilmente affrontato le conseguenze delle loro azioni, da parte degli uomini del servizio di sicurezza reale, seguendo le direttive di Muyassàr. Il sultano si gira nuovamente verso la donna che, nel frattempo, si é messa seduta sulle ginocchia, con i palmi delle mani appoggiati al suolo, per poi alzare il viso verso la sagoma di Muyassàr. E' proprio in quel momento che, i loro sguardi si incrociano per fondersi, come se qualcosa di profondo e conosciuto, avesse toccato le anime di entrambi nello stesso istante. Il sultano si china nuovamente verso la donna che, ancora provata e scossa, lo fissa attraverso i suoi profondi occhi scuri.

"Stai tranquilla, mio fiore. Non permetterò a nessuno di toccarti con un solo dito."

"Da...davvero?"

Farfuglia la donna stringendosi nelle spalle, dopo essersi sentita per qualche istante senza respiro, come se la vista di quell'uomo, per qualche sconosciuta e indefinibile motivazione, l'avesse profondamente turbata dentro.

"Chiunque violerà questo mio volere, affronterà le conseguenze di questo oltraggio, e verrà irrimediabilmente cacciato da questo palazzo."

Tuona l'assertiva voce del sultano, che poi si gira più morbidamente verso la donna.

"Mio fiore..."

La rassicura, usando fin dal principio un termine che, sembra già esprimere e comunicare, una forma di appartenenza nei confronti di quella donna.

"Posso chiederti il tuo nome, incantevole fiore?"

E' l'elegante e magnetica domanda del sultano che, non riesce a smettere un solo istante, di guardare quella donna negli occhi.

"Raja."

E' il fioco sussurro della giovane. Muyassàr, si china maggiormente verso il basso, per aiutarla ad alzarsi dal pavimento, e nel solo contatto della sua mano, con quella che la donna, inizialmente gli porge titubante, avverte l'intenso flusso elettrico di un brivido, che lo attraversa in tutto il corpo. La donna si rialza, e Muyassàr lascia andare lentamente la sua mano, senza smettere di guardarla negli occhi, in un susseguirsi di istanti che sembrano percorrere il tempo di infiniti spazi siderali, nella potenza di un solo istante terreno.

"Che questo fiore riceva tutti i servizi più dignitosi, rimediando ad ogni tipo di comportamento che possa aver offeso ogni cellula del suo incantevole essere, da parte di quegli inetti."

E' l'ordine che Muyassàr lancia al personale di palazzo presente in quel momento, poi l'uomo torna a guardare Raja, con l'intento di trasmetterle tutto il suo desiderio, di poterla far sentire e stare, nell'ambiente più speciale e regale possibile.


Qualche giorno prima...

Un giovane uomo vestito con raffinati abiti di seta, cuciti nell'elegante combinazione dei colori tra il nero ed un lucente tipo di avorio, conduce due uomini, arrivati a palazzo a bordo di una lussuosa vettura nera, verso una vasta sala interna all'edificio, raggiunta solo dopo aver attraversato ampie stanze in stile architettonico arabo. La stanza raggiunta dagli uomini, appare ai due ospiti fin da subito, come qualcosa di ancora più piacevole da osservare, per la presenza di diverse danzatrici che, sotto le trascinanti note di una musica orientale, muovono i loro bacini, accarezzati da colorati e allegri abiti che, lasciano scoperti i loro femminili e sensuali ventri. In quel momento, le esotiche donne stanno danzando sotto gli occhi di un uomo, la cui testa é elegantemente avvolta da un turbante di colore rosso e blu, minuziosamente dipinto con signorili decorazioni dorate, e che rendono lo stile di quel tipo di abbigliamento, decisamente diverso, rispetto a quello indossato da tutti gli altri uomini che si trovano nel palazzo. Il viso di quell'uomo dal penetrante sguardo che, sta osservando con attenzione la danza delle donne, é addolcito da un ben curato pizzetto nero che, gli avvolge sensualmente la parte inferiore del mento. I due ospiti non ci impiegano molto a capire che si tratta proprio del sultano Muyassàr Nadìr, e che non hanno ancora avuto modo di conoscere di persona prima di quel giorno. 

"Immagino sia lui..."

Commenta Omar, uno dei due ospiti che, sono stati accompagnati nella stanza in cui si trova il sultano, e che in quel momento é semi steso su un fianco, osservando le antiche danze che eseguono le danzatrici, standosene comodamente adagiato, sopra un tappeto costituito da rossi cuscini, collocati sul prezioso pavimento di marmo. Nell'accorgersi dei due ospiti, il sultano si solleva subito dal pavimento, per poi battere un paio di volte le mani. Dopo quel gesto, la musica si interrompe all'istante, assieme alla danza delle donne.

"Andate pure."

Il giovanile sultano, congeda con voce gentile ma seria, sia i musicisti che le danzatrici, per raggiungere gli ospiti con camminata lenta, leggiadra e maestosa.

"Muyassàr...E' un piacere conoscerla di persona."

Gli dice subito Omar, unendo i palmi delle sue mani, in un tipico saluto orientale, accompagnato anche da un lieve inchino con metà del corpo.

"Vi stavo aspettando. Solitamente non faccio mai interrompere la danza di queste dee, ma in questa circostanza, non potevo non farlo. A proposito quindi di dee..."

Muyassàr allunga lentamente una mano in direzione di un'altra zona della vasta stanza, invitando i due arrivati, a dirigersi verso due uomini di servizio, che spostano una spessa tenda rossa lateralmente, per far passare gli ospiti, e permettendo il loro accesso ad una nuova area, in modo da poter parlare più privatamente con Muyassàr.

"Dunque ditemi. L'avete trovata?"

"Veniamo ora da Shangai."

"Ebbene? Cheng Yang l'ha trovata?"

Omar assume un'espressione più seria.

"Mi dispiace, maestà. Purtroppo non ancora. Gli uomini incaricati hanno fallito, ma sembra che abbiano trovato una traccia a Las Vegas nel Nevada. Ci dispiace darle questa notizia."

Il sultano guarda i due uomini con occhi seri.

"Questa é la trentaquattresima volta che mi portate notizie negative."

"Comprendiamo maestà, ma questa volta é stato più difficile del previsto."

"Quando la troverete, non dovrete torcerle un solo capello. Non dovrà ricevere nessun graffio, e nessun'offesa verbale. Mi sono spiegato?"

Lo sguardo del giovane sultano é pacatamente eloquente.

"Noi comprendiamo la sua frustrazione, era sicuramente una delle danzatrici più belle, ma se posso permettermi, molte di quelle che sono rimaste a palazzo, sono ancora più belle, e non dovreste pensare di aver perso il gioiello più prezioso. Se solo voleste, potreste permettervi di averne ancora di più belle, di meravigliose danzatrici."

Commenta Omar, che tra i due ospiti, è quello che sembra avere più facilità di comunicare con il sultano.

"Farò finta di non aver sentito. Rimettetevi in contatto con Las Vegas, e fate in modo che mi sia portato indietro il mio più importante gioiello."

"Naturalmente."

Omar e l'altro accompagnatore, sorridono forzatamente al sultano, per poi salutarlo congiungendo le mani con un rispettoso semi inchino.

"Le faremo sapere quanto prima, maestà."

"Alla trentacinquesima volta, esigo che il mio prezioso gioiello sia nuovamente qui. Ci penserò poi io, a occuparmi di questa ennesima ingiustificabile fuga."


Qualche ora prima...

La luce di alcune accese candele, posizionate sul pavimento di una delle stanze del palazzo, riflette la proiezione delle ombre di due sagome: quella del sultano che siede su un cuscino collocato a terra, e quella di una donna che sta danzando lentamente davanti a quella dell'uomo. Le due ombre sono visibili dietro una pregiata e velata tenda rossa. 

"Lasciami solo."

Sono le improvvise parole che Muyassàr pronuncia con autorità alla donna. Negli occhi del sultano c'é una strana e anomala durezza, ma la donna sembra aver intuito che, il sultano si stia comportando spesso in quel burbero modo, da quando Raja non é più a palazzo. Il sultano esce da dietro la tenda,  avvicinandosi ad un basso tavolino per andare a versarsi qualcosa da bere. L'uomo poi, va a sedersi per terra a gambe incrociate, sorseggiando da un boccale dorato, una bevanda tipica di quella terra.

"Maestà!"

La voce di un uomo che, improvvisamente appare sulla soglia della porta della stanza, fa lentamente girare Muyassàr verso quella direzione.

"Avevo detto che non volevo essere disturbato. In quale lingua devo parlare?"

"Mi spiace maestà, ma non l'avrei fatto se non fosse stato importante. Hanno telefonato da Las Vegas. Sembra che finalmente abbiano trovato le sue tracce, ma la comunicazione si é improvvisamente interrotta. Credo che non ci fosse stata un'ottimale ricezione. "

Nonostante la notizia avrebbe dovuto essere positiva per Muyassàr, il sultano distoglie però lo sguardo dall'uomo di servizio, riprendendo a sorseggiare lentamente la sua bevanda per goderne il sapore, come se quel momento, non avesse dovuto essere stato disturbato da qualcosa di non sufficientemente utile.

"Richiamali. E torna da me solo quando avrai notizie più utili e soddisfacenti."

L'uomo fa un inchino, e la danzatrice rimasta in silenzio nella stanza, si avvicina sensualmente a Muyassàr.

"Maestà...devo davvero andare via?"

Gli chiede quindi con voce debole.

"Hai bisogno che te lo deva ripetere ancora una volta?"

La donna china il viso dirigendosi a passo frettoloso verso la porta, proprio nel momento in cui l'uomo precedente, riappare sulla soglia della stanza con un telefono in mano.

"Maestà! Sono nuovamente in linea da Las Vegas!"

Muyassàr fa un deciso cenno con la mano, per far avvicinare l'uomo, quindi recupera il telefono per  iniziare la conversazione con l'uomo che ha chiamato da Las Vegas.

"L'avete trovata? Un monastero? Cosa vi fa pensare che, lei si trovi lì?"

Seguono alcuni attimi di silenzio.

"Se é davvero in quel posto, é stata davvero molto furba. Non lasciate quella zona, e tenete d'occhio il monastero. Questa volta non ammetto fallimenti. Riportate a casa il mio diamante."

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