Monastero protettore

Nevada

In una sperduta zona della contea di Las Vegas dello stato del Nevada, e in prossimità di un cimitero caratterizzato da vecchie e deteriorate lapidi, si erge la costruzione di un antico monastero quasi completamente isolato dal mondo. Uno dei lati dell'antico edificio, si affaccia su una pericolosa e scoscesa zona collinare che scende verso un modesto canyon quasi perennemente infangato. Il tetro baratro che circonda il monastero, sembra quasi voler proteggere quell'edificio attraverso la grigia atmosfera che lo avvolge, dando l'idea di voler perfino limitare l'accesso a quel luogo. Mentre da un lato dell'edificio, non sembra esserci una strada che possa permettere di far allontanare dal monastero, sul lato opposto, é invece visibile un antico portone, oltre il quale si apre l'ingresso che conduce ad un cortiletto interno, dominato da un porticato sotto il quale una porta di color marrone scuro, consente di poter accedere all'edificio. Una stradina di ghiaia rossa richiamante i tipici colori del deserto del Nevada, sembra poter essere l'unica via per raggiungere o per allontanarsi dall'edificio, e un'ampia cavità esterna al monastero, ospita l'unico veicolo di trasporto parcheggiato, che solitamente viene utilizzato da chi del personale ecclesiastico, si occupa di provvedere ai servizi necessari per il fabbisogno delle monache, come il fornire provvigioni di viveri e di altri generi di prima necessità. Sono le ventuno di sera precise quando Raja si sta incamminando verso la porta della propria "camera", sulla quale é collocata una piccola e stretta finestrella, tipica di antiche celle monastiche, ma che almeno sembra riuscire ad impedire di poter sbirciare dal corridoio esterno, le attività che avvengono all'interno della stanza. Lo spazio della camera è piuttosto ridotto, permettendo di ospitare un letto, un piccolo mobile, un orologio da parete, e uno scrittoio con sedia, creati con un tipo di legno antico e molto scuro. Sul muro di una parete, è incassata una finestrella talmente piccola, che a stento sarebbe potuta uscire una testa per poter guardare il triste e desolato panorama esterno. Nonostante il ristretto spazio, l'ambiente risulta essere sufficientemente adatto per permettere lo svolgersi delle attività indispensabili ed essenziali per quel tipo di luogo, come il poter scrivere, dormire e pregare. In quel momento, Raja sta indossando una tipica tunica bianca e nera, comprendente un caratteristico lungo copricapo che incornicia l'altamente femminile e delicato viso della donna, permettendo di far emergere due profondi occhi scuri che risaltano su una luminosa e setosa pelle che, sembra quasi voler contrastare quegli abiti dalle tonalità di colori così spente. La giovane donna vive in quel monastero da diverse settimane ormai, eppure non sembra essersi ancora abituata a quel tipo di vita che avrebbe dovuto proteggerla per aiutarla ad evitare di rifinire in qualcosa che, avrebbe rischiato di ricondurla in un altro ciclo interminabile di fughe alle quali aveva dovuto spesso ricorrere. Questa dinamica, era spesso accaduta per evitare a Raja, di tornare a sentirsi privata della propria libertà nello scegliere di poter fare o non fare determinate cose. La donna però, non é più tanto certa che quel luogo ecclesiastico, possa davvero costituire o portare alla sua "salvezza", dato che paradossalmente, il luogo in cui si trova ora, sembra rappresentare perfino qualcosa di ancora più limitante, rispetto al posto da cui è fuggita da diverse settimane. Possibile che il suo destino, sia quello di vivere passando da una privazione all'altra, con il paradossale scopo di poter vivere da libera? Eppure la vita in quel monastero, o almeno per il momento, sembra stia riuscendo a "proteggerla" da qualcosa. Raja si lascia andare ad un profondo respiro, spingendo la cigolante porta per poter entrare nella stanza, dando subito uno sguardo alle lancette dell'orologio che, in quel momento, segnano le ventuno. La giovane resta sulla soglia della porta, non riuscendo ad accettare di dover seguire obbligatoriamente quella regola che, prevede di coricarsi a quella stabilita e precisa ora, in modo da potersi facilmente svegliare alle cinque e venticinque minuti, alle prime luci dell'alba. Proprio in quel momento, alle sue spalle giunge la voce di Cindy, la monaca che occupa la camera accanto alla sua, e che chiama Raja raggiungendola. La monaca non ha potuto fare a meno di non notare lo strano comportamento di Raja, già da diversi giorni, e che non sembra essere per nulla in linea con il comportamento e le attitudini di tutte le altre monache che vivono nel monastero.

" Raja...C'é qualcosa che non va? Sei qui da diverse settimane con noi, eppure non vedo gioia nei tuoi occhi."
Raja si gira verso la compagna di viaggio di quel tipo di vita che, in quella fase o livello di esistenza, sta sperimentando.
"Gioia?"
Raja viene assalita da un'ondata di frustrazione nel sentire quel termine.
" Se per gioia intendi quello che dovrebbe provare una persona chiusa in quattro mura, alzandosi alle cinque di mattina per dedicarsi alle letture, alla preghiera, alle lodi, alla colazione, alla Messa, al lavoro interno, al pranzo, ad altre letture, e ad altre preghiere, per arrivare alla cena delle venti in punto, e poi ritrovarsi alle ventuno precise, nuovamente fra quelle quattro mura ristrette...beh, credo proprio che non gioirò mai."
Cindy guarda Raja con espressione interrogativa.
"Ma allora...perchè sei qui?"
Raja abbassa lo sguardo.
"Buonanotte Cindy."
Raja entra nella sua camera senza rispondere, lasciando una perplessa Cindy che, a differenza di Raja, sembra essere felice di quel tipo di vita, o per chissà quali oscuri motivi che Raja avrebbe potuto capire in seguito conoscendola meglio, o forse mai. Dopo diverse ore trascorse stesa sul letto, nel disperato tentativo di riuscire ad addormentarsi, Raja continua a rigirarsi sul materasso, non riuscendo minimamente a prendere sonno. Questo ormai le capita ogni sera, ottenendo l'arrivo del sonno, solo quando é ormai quasi arrivata l'ora di rialzarsi per andare a meditare sulle divine letture che, a Raja sembrano tutto tranne che positivamente divine. Eppure tali letture, sembrerebbero veicolare qualcosa di "sacro" tramandato di epoca in epoca e, considerato come certa e inconfutabile verità. Nonostante questo, Raja non sente la minima risonanza con una simile "sacra verità", né con quelle con cui é cresciuta in famiglia, né perfino con quelle appartenenti alla cultura della terra in cui é nata. Dopo l'ennesima nottata passata quasi interamente a rigirarsi nel letto, la donna si alza andando alla ricerca di qualcosa in cui specchiarsi, non riuscendo a trovare nulla, dato che in quel monastero, non sembra essere importante la cura personale, costituendo il motivo per il quale, Raja non é ancora riuscita a trovare uno specchio. La donna ormai non sa nemmeno verso quale aspetto fisico ed espressivo, possa essere andata, dopo giorni e giorni in cui non ha potuto più vedere la sua immagine riflessa in nessuno specchio presente nel monastero. L'istinto più naturale della giovane, sarebbe quello di abbandonare all'istante quel luogo e quel tipo di vita, ma per il momento Raja non riesce a vedere migliori vie di vita, e la poca libertà che, di nascosto ha potuto prendersi al monastero, consisterebbe nell'uscita dalle mura dell'edificio per poter fare due passi nella zona circostante, che ha come miglior visione, solo un tetro e abbandonato cimitero. Oltre a questo, nel caso avesse voluto andarsene da quel posto, Raja é consapevole che non avrebbe potuto di certo farlo a piedi o farsi accompagnare in qualche luogo più sicuro. Che altro avrebbe potuto ideare, per poter vivere liberamente, e smettere di essere inseguita, proprio da colui che l'aveva fatta sentire perfino più preziosa di una regina? Aveva preso la decisione più saggia per il suo bene e per la sua libertà, nell'essersi rifugiata in quel disperso luogo così limitante, e che di libertà non sembra conoscerne nemmeno l'ombra? Eppure quel luogo così tanto limitante e isolato, per la donna sembra essere diventato il posto più sicuro e confortevole, dal quale avrebbe potuto ricevere protezione e stabilità. Possibile che un edificio così isolato e restrittivo, le avrebbe permesso di condurre un'appagante e serena vita?

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